20 luglio 2024

23 12 2023

 “23 12 2023”, l'opera che vedete in fondo a questo post, l'ho realizzata per il progetto di poster art del SAMAR Fest (su foto originale scattata il 23 dicembre 2023 appunto dall'artista e fotografo palestinese Belal Khaled @belalkh), che si è tenuto nel paese di Saracinesco, vicino Roma.

Ma prima vedete una serie di disegni che sto buttando giù in questi mesi sul mio taccuino, mentre assisto ogni giorno e senza poter far niente di concreto, a uno ‘sterminicidio’, un ‘Gazacidio’, un ‘bimbicidio’, un ‘famicidio’, ma per assurdo anche un po’ ‘Americanicidio’ e ‘ONUcidio’.
Basta non chiamarlo “genocidio” insomma, e possiamo sentirci tutti assolti.

Per me sono criminali al pari chi sottopone delle vittime ad atroci violenze e mutilazioni con fredda determinazione e chi assiste senza turbamento e non si oppone (per questo prima dell'opera, in fondo, vedete una 'cover' da una litografia di Goya, che la pensava anche lui così).

 
 


 



 



 
 


 

Grazie a Mirko Pierri e a.DNA Collective per l'invito a esporre quest'opera.

21 giugno 2024

Non canta per me

Qui sotto alcune pagine dal mio taccuino, diario disegnato dei giorni trascorsi a Frontignan e dintorni, nel sud della Francia, a dipingere un nuovo murale:
 
 
 

 


 
 

 


“Se canto” è la mia ultima opera muraria, si trova appunto nel centro di Frontignan, ed è dedicata all'antica Occitania.
L’Occitania medievale non era uno Stato con dei confini politici, ma un’area “storico-geografica” oggi inclusa in diversi Stati, con un unico popolo, di religioni diverse e con una lingua in comune, l’antico occitano provenzale divenuto poi la lingua d'òc.
Una nazione senza Stati dunque, con una popolazione di cui facevano parte sia i francesi di quest’area meridionale nella quale io ho dipinto l’opera, sia una parte di italiani, sia una di spagnoli.
Tra loro avevano il mar Mediterraneo in comune.
La civiltà occitana creò nel Medioevo una cultura raffinata che condizionò quella europea, soprattutto nella letteratura e nella musica, i Trovatori occitani influenzarono infatti la nascente lingua italiana, Dante Alighieri e la “Scuola del Dolce Stil Novo”.

Da amante della pittura medievale, in cui non nego di trovare spesso ispirazione, ho dipinto quest’opera in memoria della crociata contro gli Albigesi che in queste terre tra il 1209 e il 1229 sterminò i catari, considerati eretici dalla Chiesa cattolica, e con loro cancellò gran parte della cultura occitana di un tempo, tanto che Raphael Lemkin (l’avvocato polacco che ha coniato il termine “genocidio” nel 1944) considerò questo massacro un esempio di genocidio del passato.
Ho scelto questo tema per ricordare un esempio di identità ‘nazionale’ che va oltre i confini politici dei propri Stati e che ritengo oggi dovremmo prendere in considerazione come esempio di convivenza possibile tra umani (benché con tante differenze e qualche affinità), visto che venti di grandi guerre attraversano di nuovo l’Europa e il mondo.

Inoltre, lo stesso festival Sete Sòis Sete Luas che ha mi ha invitato a realizzare l’opera è una bellissima realtà che da decenni mescola culture diverse e invita artisti di vari Stati in altri Paesi, del Mediterraneo e non, stimolandoli a incontrarsi e a collaborare tra loro.

Il titolo del murale è "Se canto", che è un canto tradizionale degli occitani, considerato l’inno di questa civiltà senza Stati. 

 


L’opera esiste anche dipinta su legno, la vedete qui:

Grazie Marco, Maria e tutto lo staff del festival Sete Sois Sete Luas, grazie a Vincent, Émilie, alla Division Culture de la Ville de Frontignan La Peyrade e a tutti voi a Frontignan, soprattutto ai bimbi che hanno disegnato me e la mia opera, e poi a Alain e Laurie, a João, a Ivan che mi ha fatto uno squisito Nescafé italiano col cuore, a Silvye malgrado non siamo poi riusciti più a beccarci e io ho pure perso lo spettacolo di Danza&Flamenco al Theatre de la Mer di Sète, a mia figlia Sofia che è la magnifique modèle de la peinture, e infine a Chiara la nipotina di Marie, che è venuta al mondo ora e perciò questo mio murale che canta per la vita è dedicato a lei.

Qui il testo della canzone, in lingua d’òc riportata in grafia provenzale, e tradotto in italiano e in francese:

Se canto
Se canto, que cante.
Canto pas pèr iéu:
canto pèr ma mio,
qu’es au luen de iéu.
A la fount de Nimes
li a un auceloun;
touto la nue canto,
canto sa cansoun.
Dessouto ma fenèstro
li a un amendié
que fa de flour blanco
au mes de Janvié.
Aquéli mountagno,
que tant auto soun,
m’empachon de vèire
mis amour ount soun.
Auto, bèm soun auto;
mai, s’abaissaran,
e mis amoureto
vers iéu revendran.

Se canta
Se canta, canti pure.
Non canta per me:
canta per la mia amica,
che è lontana da me.
Alla fontana di Nîmes
c’è un uccelletto;
tutta la notte canta,
canta la sua canzone.
Sotto la mia finestra,
c’è un mandorlo
che fa dei fiori bianchi
nel mese di gennaio.
Quelle montagne,
che sono così alte,
mi impediscono di vedere
dove sono i miei amori.
Alte, sono ben alte;
ma si abbasseranno,
e miei amori
ritorneranno a me.

13 maggio 2024

Murales o non Murales? Fai contare la tua opinione (che io qua faccio contare la mia)

La maggior parte dei murales del quartiere Quadraro di Roma, realizzati per il progetto MURo (Museo di Urban Art di Roma) tra il 2010 e il 2021 a opera di colleghi artisti, tra cui grandi firme dell'arte mondiale, li ho curati io. 

Sono artista e curatore, è grazie a questo che ho l'onore dell'amicizia di questi artisti, e sono felice di averla condivisa negli anni con molti cittadini del quartiere che li hanno conosciuti quando sono venuti a lavorarci.

Premesso ciò, sto scrivendovi ora questo post perché - come qualcuno di voi avrà già visto - dopo tanti anni in cui quasi tutti i murales di MURo sono sopravvissuti ai possibili interventi di 'sovrascrittura' di cui il panorama urbano è ovviamente oggetto (in quanto per sua natura è fortunatamente mutevole) quello che vedete in queste foto in basso è oggi lo stato di alcuni di questi murales dopo una notte in cui sono stati vandalizzati con delle scritte che contestano il progetto.
 

In molti non sanno che questo 'attacco' è andato a colpire i murales di MURo proprio mentre erano oggetto di un progetto di conservazione e restauro che stava già mostrando i suoi primi risultati sull'opera di @Ron English a via dei Pisoni. (Qui se volete potete saperne di più)
Avviato dall'Università della Tuscia in collaborazione con l'associazione MURo e col supporto di Ecomuseo Casilino ad Duas Lauros, questo restauro-campione ha visto protagonista Beatrice Stella, una studentessa e associata di MURo che in molti hanno conosciuto mentre lavorava al Quadraro in questi mesi, e che si è appena laureata con 110 e lode portando come tesi di laurea proprio questo test sul murale di Ron.


 
Le scritte sui murales accusano esplicitamente il progetto MURo (e alcune attività della zona) in particolare di "gentrificazione".
È una vecchia storia, è successo già in passato (purtroppo è successo anche altro, ma chi conosce i fatti spero comprenderà che desidero evitare di prendere qui quell'argomento per me spiacevole). 
Riguardo queste accuse non nuove nei confronti di MURo c'è anche un opuscolo del Comitato di lotta Quadraro pubblicato su Internet Archive nel 2019 in cui, tra le varie interessanti considerazioni generali sulle trasformazioni urbanistiche e sulle cause della gentrificazione, si scrive che «il progetto MURo - Museo di Urban Art di Roma - è stato l'emblema della speculazione artistica nei quartieri» e si accusa MURo, tra le altre cose, di provocare «tutto un indotto commerciale che si va a creare di conseguenza e che trae profitto da questo sistema». Poi lo si paragona a livello propagandistico addirittura all’organizzazione della Coppa del Mondo FIFA e delle Olimpiadi in Brasile, ma vabbè, là mi cascano le braccia.
Io ritengo che stiamo parlando di accuse senza un reale fondamento, e cerco ora di condividere con voi i perché ritengo sia così.
 
Per primo aprirei e chiuderei in poche righe l'argomento soldi, che dovreste credermi se vi dico che è il più insignificante in tutto questo discorso, ma lo affronto perché ritengo che chi ci segue e non lo conosce debba conoscerlo. 
Devo premettere che la gran parte di queste opere se fosse dipinta su supporti come tela o altro avrebbe un valore di mercato di oltre 100 mila euro ciascuna, poiché le quotazioni degli artisti che le hanno realizzate non sono affatto basse (e mi auguro che il fatto che alcuni di essi abbiano conquistato un proprio mercato dopo tanti anni di lavoro e spesso di rinunce non sia letta come una colpa, ma bensì come un merito). 
Ma al Quadraro, e per il Quadraro, sono venuti quasi tutti gratis per loro scelta, perché questo luogo e la sua storia fanno innamorare, e perché gli artisti sono molto spesso persone generose. 
Certo, chi ha piglio polemico o ha gli artisti in poca simpatia potrebbe rispondermi che lo fanno perché realizzare murales promuove la loro arte, ma per quello vi assicuro che si possono dipingere opere un po' ovunque. Quando si è scelto il Quadraro, o in alcuni casi la vicina Tor Pignattara, lo si è fatto per ben altre ragioni.
 
Ron English, 2013
 
Gary Baseman, 2012
 
 
Veks Van Hillik, 2014

Ho scritto "quasi tutti gratis" perché per alcuni è stato necessario cercare una copertura spese che siamo riusciti a trovare spesso ricorrendo all'autofinanziamento, altre volte anche grazie all'aiuto di cittadini del quartiere che li hanno ospitati e/o nutriti, poi grazie ad amici privati, associazioni e realtà di zona che ci hanno generosamente supportati in alcune occasioni come potevano, e a gallerie e progetti altrui che avevano invitato alcuni artisti già in Italia e/o a Roma. Fino a riuscire a trovare un paio di volte il contributo da Sky Arte, che ci ha permesso di produrre i murales di Ron English nel 2013 e di Nicola Verlato nel 2015, e che ha girato su quei murales due documentari proprio per l'importanza internazionale riconosciuta a questi artisti. 
Poi, nel 2015 abbiamo partecipato a un piccolo bando municipale che abbiamo vinto, e nel 2017/2018 e 2021 abbiamo realizzato gli ultimi lavori grazie a un paio di commissioni pubbliche. 
Ma, come ho scritto sopra, gran parte dei murales di Quadraro e Tor Pignattara realizzati da MURo sono opere donate dagli artisti al quartiere, e a Roma.
 
Chiariamoci da subito: arrivati a questo punto, se ritenete che essere artista sia una colpa invece di una professione e che dunque sia normale che gli artisti debbano lavorare gratis sennò sono chissà quali mostri (dei 'venduti'? Speculatori? Approfittatori? Boh...), smettete per favore di leggermi perché un tale pensiero è incompatibile con la mia esistenza tutta, e probabilmente anche il resto che scriverò ora non vi piacerà.

Vengo adesso anche agli Street art tour iniziati nel 2014 dalla nostra associazione, e ne scrivo perché si accusano anche quelli come parte del cosiddetto «indotto commerciale che trae profitto da questo sistema». A chi desidera partecipare a questi tour di MURo l'associato di MURo Giorgio Silvestrelli racconta in circa due ore e mezza di passeggiata ogni murale, dal concept di base al legame di questo con la storia del luogo, fino alle vicende legate alla sua realizzazione (poiché lui c'era, e a titolo di volontariato, in quanto assistente degli artisti). Il tour con lui lo si può fare con un contributo di 10 euro, e questo per chi viene da fuori perché Giorgio alle persone che vivono qui non si è certo mai negato di raccontare tutto. Però questi tour non vengono effettuati al Quadraro da sei anni, e Giorgio da dopo gli attacchi subiti nel 2017 e nel 2018 fa i tour solo tra i murales di Tor Pignattara. 
Per chi volesse visitare i murales del Quadraro sapendo qualcosa di più, noi sul sito web muromuseum.com abbiamo sempre fornito le informazioni necessarie per permettere a chiunque di farlo per conto proprio, ovviamente gratis. 
Certo, tante altre realtà associative fanno dei loro tour al Quadraro, io stesso che vivo il quartiere li vedo ogni tanto, ma questo è fin troppo ovvio perché i murales sono in strada e fortunatamente sono un patrimonio culturale che appartiene a tutti. 
Vogliamo impedirgli di entrare nel quartiere a vederli? 
Oppure vogliamo distruggere i murales perché non ci invada lo 'straniero' non quadrarolo? 
Boh, io non vi capisco regà, e non capisco che idea di diritti e di libertà del singolo abbiate.

Uno Street art tour con una scuola, 2014

Sperando di poter chiudere qui finalmente l'argomento soldi (che forse l'avete capito che non se ne fanno, e che non si ha intenzione di farne, al contrario di ciò che taluni millantano), vorrei concentrarmi sul fatto che noi di MURo vorremmo capire assieme a voi che mi state leggendo se siamo davvero causa di gentrificazione, o se si tratta di un'accusa che nasconde altro. 
 
Chi non fosse avvezzo al termine "gentrificazione", si tratta di quel fenomeno per cui, man mano che il centro di una città si spopola e le persone si spostano a vivere verso alcune periferie (scelte rispetto ad altre perché ben collegate, perché già meta di "movida", perché oggetto di qualche tipo di 'riqualificazione', o per qualche altra ragione che le pone al centro dell'interesse pubblico), i cittadini locali, meno 'abbienti' dei nuovi arrivati, sono costretti a lasciare le loro case i cui canoni d'affitto diventano proibitivi per spostarsi ancora più ai margini della città.
Wikipedia sintetizza: "imborghesimento di aree urbane un tempo appannaggio della classe operaia, la quale è progressivamente rimpiazzata non potendo più economicamente sostenere i nuovi standard qualitativi del luogo di residenza".
Prima si accusavano gli studi d'artista che aprivano nelle botteghe abbandonate di periferia, ma da qualche anno è l'arte urbana a venire spesso accusata di velocizzare questo fenomeno (se non addirittura di crearlo), perché i murales 'valorizzano' un luogo, lo promuovono culturalmente, dunque mediaticamente, e così facendo si ritiene che lo mettono automaticamente al centro dell'interesse speculativo di chi vuole comprare locali e appartamenti, ristrutturarli e rivenderli, o magari affittarli come B&B o locali notturni, tanto per farvi un esempio. 
Wynwood a Miami è un caso simile. Come Shoreditch a Londra, seguito poi da Brick Lane. O il cosiddetto "Ostiense district" a Roma.
Ma anche il Pigneto, e molti anni prima San Lorenzo, in parte Testaccio e prima ancora Trastevere, e questi non certo a causa dei murales, visto che non ne avevano ancora, e ciò si spiega secondo me dal fatto che la gentrificazione è in realtà causata da una liberalizzazione del commercio che non è costretta dalle amministrazioni pubbliche a rispettare più alcuna regola a tutela del cittadino, e non dai murales in sé, che ne sono a volte un'espressione, ma certo non la causa.
E, inoltre, sempre secondo me, con tutto questo discorso generale non c'entra proprio niente il progetto MURo.
Questo posso affermarlo perché prima di mettere mano al pennello per dipingere io stesso il primo murale qui al Quadraro 14 anni fa ho studiato, e con rispetto, il quartiere dei miei nonni materni dove vivo anch'io. 
 
Diavù, 2010
 
Il Quadraro aveva già canoni di affitto alti, metti per la vicinanza della metro A, metti perché prossimo a una delle vie commerciali più importanti di Roma, la Tuscolana. E metti soprattutto perché negli anni 90 è decaduto il progetto dello SDO (Sistema Direzionale Orientale) che prevedeva molti espropri e una trasformazione urbanistica che per fortuna il Quadraro non dovette subire mai. Ma, di conseguenza, arrivarono le agenzie immobiliari a comprare, ristrutturare e rivendere appartamenti e locali già a inizio anni 2000. Negli anni successivi sono arrivate anche le ristrutturazioni dai fin troppo evidenti aumenti di cubatura (e questo in un'area urbana che ha il sottosuolo praticamente vuoto, quindi il rischio crollo è sempre là).
Questo per dirvi che il Quadraro parzialmente gentrificato nel 2010 lo era già e per tutt'altre cause. E scrivo "parzialmente" perché, dal momento che gli affitti restano troppo alti, molti negozi al Quadraro vecchio rimangono chiusi, o si trasformeranno in abitazioni cambiando destinazione d'uso, come sta sempre più accadendo.
Se vi servisse una prova più tangibile del fatto che il progetto MURo non ha rapporti con una paventata gentrificazione del Quadraro questa è che in 14 anni di murales divenuti famosi nel mondo, che hanno promosso la storia del Quadraro a livello internazionale, il quartiere si sarebbe riempito di locali notturni ovunque. Invece personalmente sono felice che il nostro progetto abbia contribuito piuttosto a far conoscere di più alcune sue vicende per le quali abbiamo provato a realizzare alcuni murales-simbolo, tra cui la deportazione nazifascista di 80 anni fa. 
Che erano poi proprio questi i nostri intenti.
Per questo e per i motivi di cui sopra a me personalmente queste scritte mi sembrano solo un pretesto per mettersi in mostra, non sapendo forse farlo in altre maniere, distruggendo di fatto dietro a una nobile causa politica uno dei beni pubblici del quartiere.

Un'ultima cosa vorrei dirla a quei "compagni" che mi pare lottino a volte contro i nemici che a me sembrano quelli sbagliati: non vi siete accorti che questa non è più la città delle fabbriche, delle periferie operaie, dei sobborghi proletari e delle baracche del sottoproletariato? Davvero voi ci vedete ancora la città della solidarietà del quartiere o della classe sociale? 
A mio modesto avviso le nostre città si sono frammentate in ghetti funzionali ai cosiddetti "bisogni" delle persone. E a ogni funzione sono stati assegnati uno spazio e un tempo obbligati. Cioè, ci hanno detto che avevano inventato uno spazio e un tempo funzionali per soddisfare i nostri bisogni, ma quei bisogni - che è poi il potere stesso a creare - sono di fatto impossibili da soddisfare, e siamo noi in realtà a dover piuttosto soddisfare quelle funzioni. Siamo noi che dobbiamo consumare e che dobbiamo venire consumati. I centri storici sono ormai parchi-divertimento a tema a uso e consumo del turista mordi e fuggi, in cui lo spazio urbano si recinta e si privatizza sempre di più e dove tra un po' si dovrà pagare il biglietto pure per entrare in chiesa; il centro commerciale - o il museo e il cinema quando ci va bene - sono là per il nostro intrattenimento e tempo libero (che è diventato, in pratica, un altro lavoro da svolgere, consumando tutto il consumabile), e ogni luogo è diventato sempre più un ghetto. Per non parlare delle nostre abitazioni, dove a breve saremo tutti obbligati a installare quelle spie chiamate eufemisticamente "assistenti vocali", di Amazon, di Apple, di Google o di altri, che ci mettono la musica o le serie-tv consigliandocele loro stesse, in base a un algoritmo che è un'altra spia a sua volta. La casa come un altro ghetto dove tutti siamo soli, separati, e indifferenti agli altri. Basta comportarsi come si deve, cioè come dettano i modelli di comportamento dettati dai media, i social media in primis.
Ebbene, è proprio in sfregio a quest'ottica neoliberista spietata che sono nati MURo e i suoi murales, opere d'arte di proprietà pubblica di cui fruire tutti gratuitamente. 
Ma se non cogliete queste intenzioni regà, io non posso davvero farci niente. 
 

 
Non è privando i cittadini dell'arte che si tutelano i loro diritti sociali, anzi così vengono ulteriormente privati di un loro diritto fondamentale.
Io non ho mai parlato di "riqualificazione urbana" attuata attraverso dei murales, perché già solo il concetto mi fa schifo. E non ho mai parlato di "decoro urbano", perché la strada e le persone che la vivono non sono una questione di cerimoniale. E come si parla di "decoro urbano", nascondendo dietro questo concetto un'intenzione di aumentare il controllo e la repressione, mi fa altrettanto schifo. 
Io ho sempre parlato soltanto di arte.
E il grande rispetto che ho sempre avuto per il mio quartiere mi ha fatto chiamare artisti di dichiarata fama internazionale a dipingere qui, artisti che si sono prima lasciati informare sul luogo e poi ne hanno conosciuto gli abitanti personalmente. Questo perché il panorama pubblico e condiviso non è il mio salottino, dove posso far riempire i muri dei disegni degli amici miei, ma è e deve tornare ad essere sempre più di tutti. E anche l'arte serve a riprenderselo.

Oggi molti cittadini stanno chiedendo con urgenza a me e a MURo di intervenire, di cancellare queste scritte, di restaurare i murales.
Ma noi lo stavamo già facendo.
E, anzi, a brve avremmo presentato il progetto C.U.RA. e quello del restauro del murale di Ron English a tutto il quartiere in un'assemblea pubblica in presenza di esponenti dell'Università della Tuscia, della Sovrintendenza Capitolina, di Ecomuseo Casilino, di MuriLab e di tante associazioni e realtà di zona.
La questione resta però che per restaurare un'opera d'arte simile ci vogliono mesi e mesi di lavoro, e vanno investiti soldi per pagare ricerche, mezzi, materiali e restauratori, invece per danneggiarla bastano pochi minuti e pochi spruzzi di una bomboletta spray da 3 euro in mano a una persona che se ne frega che quell'opera è di tutti (o che magari ha problemi di socialità, e andrebbe aiutata più che accusata).  

Per questo io per prima cosa a questo punto inviterei a farci sapere cosa ne pensate voi, rispondendo al QUESTIONARIO che abbiamo pubblicato a questo link.
 
Vi ringrazio del tempo dedicatomi. 
Spero di essere stato esauriente con questo lunghissimo post, e di potervi promettere che non lo faccio più.


David Diavù Vecchiato
(Artista, curatore del progetto MURo)

3 novembre 2022

Roma Pena Capitale, 5 novembre 2022

 Roma Pena Capitale, 5 novembre 2022 (andando a dipingere Peppe er tosto alla Galleria Alberto Sordi):


Eccolo. Lui vive qua a Piazza Barberini, in strada.
Lo vediamo tutti i giorni uscendo dalla metro, pisciato addosso, con le ciabatte sfondate e i piedi congelati, puzzolente, senza-un-tetto. 
Quindi senza indirizzo, senza un'identità, senza un diritto.
Ci ha consegnato il suo destino tra le mani, le nostre, quelle di NOI brava gente, NOI civili, ma NOI non sappiamo che farcene. E lo rigettiamo, come qualcosa di schifoso. 
Ci fa schifo, lui e il suo destino a NOI che invece siamo così capaci di prenderci le NOSTRE responsabilità, a rispettare i NOSTRI doveri, a difendere i NOSTRI diritti, NOI che ci carichiamo sulle spalle la nostra identità, UNICA E SEMPRE COERENTE, la nostra sopravvivenza, le nostre colpe, i nostri desideri e la loro soddisfazione, i nostri pensieri, le nostre relazioni, il nostro gender, il nostro inconscio, la nostra sessualità, la nostra libertà, il nostro tutto...
NOI si che siamo totalmente responsabili delle nostre esistenze e DEL NOSTRO DESTINO.
INFATTI SIAMO IN TRAPPOLA.
Il controllo del tutto ai fini dell'assunzione di una responsabilità totale di noi stessi è un'UTOPIA IRREALIZZABILE e perciò diventiamo ansiosi, frustrati, egoisti, indifferenti, o - al meglio che vada - spietati.
Nelle culture arcaiche i cosiddetti 'primitivi' sapevano che non ci si fa carico della propria esistenza, e affidavano all'ALTRO la propria sorte e la circolazione delle responsabilità era una via per fare comunità e restare vivi, tutti.
LUI ci offre la sua esistenza e noi lo rifiutiamo perché siamo incapaci di offrire le nostre, a nostra volta.

3 marzo 2022

Il parco di Acqua

Ognuno di noi per 2/3 è fatto di Acqua. Se quest’acqua è sporca, inquinata, contaminata, ci ammaliamo e moriamo. Ma anche la Terra per 2/3 è composta d’acqua, perciò nel mio progetto ARIA il personaggio di Acqua non può essere certo meno importante degli altri. E per questo le ho voluto dedicare tutte le opere di questo grande giardino che è a Roma, in zona Colli Aniene.
In fondo qualche foto dei murales, ma prima condivido con voi alcune pagine dal mio taccuino/sketchbook in cui potete trovare qualcosa in più di tutto questo progetto (se avete la pazienza di decodificare scritti e disegni):
 


 
 
 

 

E queste sono le opere, che sono nel giardino di Piazzale Camillo Loriedo (angolo viale Bardanzelli / viale Franceschini), a Roma:


 

 

 

 

 

Nelle pagine qua sopra del mio taccuino c'è abbozzata qualche persona tra quelle coinvolte, che qui ringrazio: la stupenda modella, mia nipote Martina (aka Acqua), Federico Bado Finotti che l’ha fotografata già quasi dipinta, le mie impavide assistenti Benedetta Matteucci e Chiara Orillo, l’atletico videomaker Marco Gargiullo, e poi Cinzia per i caffè e il dolce fatto (benissimo) in casa, Luciano per la compagnia (Lucià,e speriamo che il tuo amico Armando mi perdonerà un giorno per aver dipinto sopra la poetica scritta “viva la figa e chi la castiga”!), e come sempre Gruppo Ivas per le vernici gajarde e toste. Un grazie anche ar Calcutta, anche se non ha fatto altro che tirarci maledizioni, tiè.