22 settembre 2012
Testosterone Crumb
12 settembre 2012
Neon Park & i Little Feat
Pare avesse proposto la canzone Willin’ a Zappa che si irritò per i riferimenti alle droghe e gli consigliò di farsi una sua band.
8 settembre 2012
Firehouse Kustom Rock Art Company tour. Una chiacchierata con Chuck Sperry.
«Probabilmente il nostro tour europeo più ricco di date è quello di quest’estate. Abbiamo quattordici incontri uno dopo l’altro. Siamo stati a Mondo Bizzarro a Roma e al club Shake a La Spezia e al Magnolia di Milano coi Malleus e altri artisti.
5 settembre 2012
Il Diavolo e Daniel Johnston. Una chiacchierata con Daniel.

Jeremiah la Rana è il suo alter-ego, è la pura innocenza mai contaminata dall’esperienza. È il suo mondo infantile rimasto intatto. “Io sono un bambino nel mio universo! Io vivrò per sempre!” recita.
Poi c’è The Duck, una papera che sa guidare carriarmati, usare il computer e suonare rock’n’roll. È disegnata come un pene con due testicoli. «Mi hanno detto i miei amici che era fallica e solo allora mi sono accorto che era vero».
Sassy Fras è il gatto dell’infanzia di Daniel.
Joe il pugile è un uomo che combatte contro i suoi demoni, poi c’è Laurie, la sua eterna musa e ossessione amorosa. Per lei ha scritto tutte le sue canzoni d’amore di questi 20 anni. E nel circo dei suoi personaggi ci sono mostri buoni come King Kong e Frankenstein. Quando afferma «io amo Frankenstein perché amo me stesso», si capisce la loro origine.
Poi c’è Casper il fantasma, reso invincibile dalla propria morte, e infine l’immancabile Capitan America che, come i giusti delle vicende bibliche, difende il bene con ogni mezzo. «Il mio personaggio preferito è Capitan America, lui è il mio eroe» ci tiene a precisare, «e il suo disegnatore Jack Kirby è il mio autore di fumetti preferito, ho studiato i suoi disegni per 24 ore al giorno. E la passione che ho per Capitan America è il riflesso del mio amore per gli Stati Uniti. Ho viaggiato in tutto il mondo ma amo il mio Paese. Sono stato anche in Germania e là mi sono entusiasmato davvero, perché sono appassionato di Seconda Guerra Mondiale».
C’è chi potrebbe restare di stucco di una simile risposta.
E magari immaginare Daniel che, dopo l’intervista, attacca il ricevitore e va a bruciare qualche nemico del Bene, in quel macho macho Texas che ha dato i natii ai George Bush, padre e figlio.
Ma non è così.
Per Daniel realtà e immaginazione non sono poi così diversi. Infatti non solo i suoi personaggi sono vivi. «Per me i film dell’orrore, “Ai Confini della Realtà” o le commedie, esistono davvero ed è fondamentale che io sia in grado di esprimere queste cose nella mia arte perché così diventano reali e concreti per me. Non sono veri finché non gli disegno una cornice attorno».
E il Diavolo, dov’è finito in questa storia?
«Non lo so, hanno cambiato anche il titolo del film su di me all’ultimo momento, chiamandolo "The Devil and Daniel Johnston”.
Forse perché mi vogliono a fianco al diavolo. Tutti vogliono vedere Daniel vicino al diavolo.
Ma ricordati che non si deve giocare col Diavolo, perché lui bara».
(tnx to my sista Ila, che ha telefonato al grande Daniel assieme a me <3)
3 settembre 2012
Baci dalla provincia. Una chiacchierata con Gipi.
Era l'autunno del 2005 e del suo libro "Questa è la stanza", edito da Gallimard in Francia e da Coconino Press in Italia, scrivevo così:
“Mi interessa mettere in scena dei temi molto seri e farli affrontare da personaggi completamente impreparati. Impreparati a vivere, a risolvere le situazioni. Spesso privi di una idea di bene alla quale riferirsi al momento di dover scegliere il proprio percorso. Questo è il modo in cui io e il gruppo di ragazzi con cui ho trascorso l'adolescenza, siamo cresciuti. Una improvvisazione di comportamento. Senza istruzione e senza istruzioni di alcun tipo”.
Hanno una band in provincia e sogni di gloria, di fans, palchi e luci della ribalta. «Ho visto i ragazzi incontrarsi, andare a suonare, trovarsi a fare i conti con il mondo "esterno" alla stanza e con le sue regole. E li ho visti nelle loro relazioni con i genitori, con gli amici e pure con la legge».
Così Gipi ha visto e così ce l’ha raccontato.
David Vecchiato, ottobre 2005
(Gipi all'opera, estate 2002)
2 settembre 2012
L'insostenibile normalità dell'essere
Un'infelice definizione la rese nota come "la fotografa dei mostri" ma il contributo che Diane Arbus diede alla fotografia fu molto più rivoluzionario di una semplice testimonianza delle imperfezioni fisiche o delle perversioni umane.
Ma la sua grande intuizione non fu in quel coinvolgimento, che comunque le sconvolse la vita.
Se al primo riconoscimento ufficiale a lei dedicato, la mostra al MOMA di New York del '65, le sue foto ricevettero pesanti critiche e addirittura sputi da parte del pubblico non è solo per la sua spregiudicatezza nello spingersi in territori estremi, che lei comunque definiva invisibili eppure sotto gli occhi di tutti.
Fu la sua sfrontatezza nel mostrare i soggetti della ricca borghesia, i militari patrioti, i premiati ai concorsi di bellezza, ritratti in situazioni goffe e imbarazzanti o in pose che ne rivelavano l'assoluta incoscienza di sé.
Il che li rendeva assai più mostruosi dei "mostri" delle foto a fianco.
Sbattere in faccia a un'America la propria mostruosa stupidità fu la grande rivoluzione di Diane Arbus.
«Sono nata per salire la scala della rispettabilità borghese e da allora ho cercato di arrampicarmi verso il basso, il più rapidamente possibile» diceva di se stessa.
Diane Nemerov nasce nel 1923 da una famiglia dell'alta borghesia ebrea che, a dispetto della grande depressione del '29, fece studiare i tre figli con costosi metodi pedagogici tesi a svilupparne il talento e la sensibilità artistica (il fratello fu poeta e premio Pulitzer, la sorella scultrice). Da lì alla consapevolezza della propria condizione di privilegiati, quindi ai sensi di colpa per quella che lei definì "dolorosa sensazione di immunità", il passo fu breve.
Diane studiò Goya e poi Grosz e i pittori espressionisti, ma dopo inizi incerti come pittrice arrivò alla fotografia divenendo assistente del marito Allan Arbus, che lavorava per riviste prestigiose come Vogue e Glamour.
Nel '57 la fotografa newyorkese lascia il patinato mondo della moda e, tra frequentazioni di maestri dello scatto e artisti della controcultura, si spinge nel regno del proibito armata della sua fotocamera Leica.
I suoi soggetti non saranno le vicende o i protagonisti della storia americana degli anni 50 e 60. Non il maccartismo (guardatevi la caccia ai sospetti comunisti raccontata nel film di George Clooney Good Night, And Good Luck del 2005) né le speranze di pace e giustizia incarnate dai Kennedy e da Martin Luther King, non le culture underground o le lotte contro la guerra in Vietnam.

«Diane Arbus fotografava i perdenti della Terra e quando portava le sue immagini crude alle gallerie o ai giornali, gli art director la cacciavano o la ignoravano, perché le sue schegge del dolore venivano giudicate di "infimo ordine" e non pubblicabili», racconta il libro Della fotografia trasgressiva curato da Pino Bertelli.
Diane Arbus sceglie la strada del dolore che per altri è orrore.
Va a conoscere persone sofferenti di deformità congenite che fotografa nelle loro camere da letto a riprova del rapporto di intimità e fiducia che riesce a instaurare: «Io mi adatto alle cose malmesse. Intendo dire che non mi piace metter ordine alle cose. Se qualcosa non è a posto di fronte a me, non la metto a posto. Mi metto a posto io».
Poi a luglio del 1971 il suicidio.
L'hanno trovata nella vasca da bagno, vestita, coi polsi tagliati e piena di barbiturici.
Dopo la morte in molti hanno amato e citato le sue immagini. Stanley Kubrick l'ha fatto inserendo le sue gemelline inquietanti in Shining e Hollywood l'ha ricordata a modo suo con il film FUR del 2006, con Nicole Kidman nel ruolo della Arbus.
Ma a guardar bene, malgrado quello sfocato ritratto hollywoodiano, le sue foto nitide e feroci bruciano ancora.
David Vecchiato
1 settembre 2012
Biografia
E scrivo.
Mi sono affacciato sulla scena editoriale ed artistica agli inizi degli anni ‘90, fondando i magazine indipendenti di arti e culture underground Katzyvari e Tribù e realizzando cartoon per l’emittente tv Videomusic e attaccando poster coi miei disegni in strada di notte.
Dal ‘95 al ‘97 ho fondato e diretto Tank magazine e ho pubblicato fumetti e illustrazioni su varie testate.
La mia prima partecipazione ad una mostra collettiva è del 1996 all’Happening Internazionale Underground del Leoncavallo, che mi ha dedicato la prima personale nel 1997 e la seconda nel 2002. Tante le collettive alle quali ho partecipato poi dal ’97 a oggi.
Tra le esposizioni personali: XL Collage al festival Kals’Art di Palermo all’Expa per La Triennale di Milano/OFF del 2007 , le personali ARIA nei Centri Artistico-culturali di Ponte De Sor e Montargil in Portogallo (2020) e 狄阿乌 ("Dí ā Wū/Nero come il corvo", 2020) nella galleria dell'Accademia di Belle Arti del Sichuan a Chongqing in Cina; tra le collettive: QU4TTRO al Museion (Museo d'Arte Moderna di Bolzano 2013), Subtleties of Character a cura dell'artista Dan Barry alla WWA Gallery di Culver City (2011, California USA), Lyric 2012 a cura dell'artista Glenn Barr alla 323East Gallery di Royal Oak (2012 Michigan USA), Taetrum et Dulce: Lux In Tenebris a cura sia di Dan Barry che mia alla Distinction Gallery di Escondido (2012, California USA) e Scarygirl 10th Anniversary a cura dell'artista Nathan Jurevicius alla ToyTokyo Gallery di New York City (2012 NY USA).
Nel 2001 e nel 2005 ho curato l'art direction di due settimanali di satira: Il Cuore e Par Condicio. Ho realizzato varie copertine e illustrazioni per dischi e libri (tra cui 2 best-seller di Giobbe Covatta e i recenti dischi di Luca Sapio "Who Knows", di Francesco di Bella "'O diavolo" e di Baba Sissoko "Three Gees" e "Fasiya").
Faccio Street Art dal 1993 e realizzo grandi murales dal 2009.
E da sempre riempio decine di taccuini di disegni, schizzi, appunti incomprensibili a volte anche per me, in maniera compulsiva.
Alterno l‘attività visual con la passione della musica, ho pubblicato l'ep "Dancing Days" e il cd "Radio Bella Vista" con la mia ex-band Savalas nel 1999 e ho curato colonne sonore per due film e un corto animato e per varie performance artistiche con la mia band Za-Bùm, tra le quali quelle per il collettivo artistico Guano Factory.
Assieme a Serena Melandri e alla scrittrice Ilaria Beltramme mi sono occupato dal 2007 al 2013 della curatela del progetto artistico e galleria d'arte Mondopop, promuovendo artisti urban, lowbrow e newpop di tutto il mondo, vendendo opere e producendo mostre, residenze artistiche, performance, installazioni ed eventi live.
Ho curato il Festival itinerante di Urban Art, Lowbrow e Pop Surrealism Urban Superstar Show tenutosi al Museo MADRE di Napoli nell'aprile del 2009, nel 2010 nel medesimo museo col titolo Back from Black e a febbraio e a giugno 2013 alla Galleria Provinciale d'Arte Santa Chiara di Cosenza.
Dal 2010 sono curatore del progetto M.U.Ro. Museo Urban di Roma che ho ideato con l'intento di stimolare cultura visiva ed intervenire sull'aspetto e l'identità dei quartieri di Roma, attraverso numerosi interventi artistici di grandi firme e giovani promesse dell'Urban Art.
Dal 2014 MURo è divenuta formalmente un'associazione che realizza progetti nazionali e internazionali. Col suo supportio nell'ambito dell'Arte pubblica ho realizzato vari progetti artistici personali come PopStairs, ovvero le opere anamorfiche dipinte su scalinate, o ARIA. Anche a Napoli seguo un progetto di Arte Urbana di MURo, nato per promuovere iniziative di beneficenza: Urban Neapolis.
Ho curato molte iniziative di Urban art - la più recente I Art Madonie nel 2021, che ha prodotto più di 40 murales nel territorio delle Madonie in Sicilia - e progetti di promozione della stessa, come la serie di documentari sulla Street Art Muro per Sky Arte. Dal 2001 al 2013 ho insegnato all'Istituto Europeo di Design di Roma e dal 2016 dirigo il progetto di Arte Urbana sulle pareti del Grande Raccordo Anulare "GRAArt", da me ideato, promosso da ANAS e patrocinato dal MIBACT.
Il mio sito web è davidvecchiato.com o diavu.com
Il mio blog con news e work-in-progress è diavuinprogress.blogspot.it