È ricominciata la scuola.
Primi giorni in prima media, alla conquista di un mondo nuovo.
Eppure sembra filare tutto liscio, compagni di classe tranquilli, professori gentili, niente guerre né imboscate, almeno per ora.
Ma sarà meglio tenere gli occhi ben aperti.
I professori si comportano come chi ha le necessarie esperienza e delicatezza per comprendere questa traumatica fase di passaggio di un bambino/ragazzino.
L'arrivo della crudele adolescenza, la primavera in cui sbocciano i nervi, oltre a ormoni, peli, odori, umori e tutta un'altra serie di segnali che lampeggiano sottocarne per ricordarti che nell'Universo tutto si trasforma, ovvero peggiora, compreso tu.
La prof di francese è anche molto simpatica e quello di italiano, giovane e gentile, è l'esperto della Lim, la lavagna interattiva multimediale che rapisce gli sguardi degli allievi come la luce sul nostro terrazzo attira le falene alla sera.
Unico neo il professore di disegno tecnico.
Il suo esordio non è dei migliori.
Entra in classe e si avvicina alla cattedra verificando con sguardo minaccioso che tutti si siano alzati in piedi per il saluto.
Fanno per sedersi e lui li blocca severo: possono tornare comodi soltanto dopo che si sarà accomodato per bene lui.
E così sia per sempre.
Preso possesso del palco inizia il monologo messianico.
«Tutti vi mentono, solo io vi dirò la verità: Babbo Natale non esiste, la Befana non esiste, quelli sono i vostri genitori che vi ingannano da quando siete nati. Lo studio non è affatto divertente, è noioso, e la vita è faticosa. E spero di non essere io il primo a dirvele queste cose».
E via così, a menadito tutto il primo capitolo di "La filosofia dei frustrati e dei perdenti", se mai ne esiste una.
Poi aggiunge che le mattine dell'anno scolastico in cui lo vedranno arrivare su di giri sarà perché la Roma avrà perso e, in quei casi, è meglio non innervosirlo ulteriormente. E, infine, sia chiaro una volta per tutte, non si dovrà mai parlare della Lazio in sua presenza.
Questo oggi, nell'aula di mia figlia di dieci anni.
Fastidioso, se non altro perché avevo immaginato un momento diverso, molto più privato e poetico di questo appena descritto, per dire io stesso a mia figlia che Babbo Natale siamo io e la mamma.
E la befana pure.
Per non parlare del topino dei denti.
Avrei desiderato essere io l'adulto che gliene parlava per la prima volta, avrei voluto guardarla fissa negli occhi in quel momento per tentare di scoprire se si fidava di più delle rivelazioni dei coetanei frettolosi di crescere o si ostinava a credere ancora nella bella favola dei due anziani filantropi.
Certo, non sono proprio scemo e so bene che mia figlia sapeva già, prima dell'esibizione del professore, che Babbo Natale non esiste, ma anche lei non vedeva l'ora di prendere quell'argomento con mamma e papà, di parlarne sola con noi, di metterci alla prova e di analizzare sadicamente come avremmo giustificato ai suoi occhi 10 anni di meschine falsità.
Arrampicandoci su quali invisibili specchi insomma.
È da qualche mese, infatti, che ad ogni occasione ci ripete che, malgrado le opinioni dei suoi amici, lei a Babbo Natale vuole crederci.
Insomma, ce la stava rendendo difficile.
Io avevo immaginato di cavarmela proponendogli, al prossimo Natale, di preparare con lei i pacchi dei regali del buon barbuto per la sorellina di due anni.
Invece oggi un professore che, con estrema naturalezza ha espresso il bisogno di essere considerato unico portatore di verità dai suoi studenti di dieci anni, si è appropriato di questi nostri piccoli sogni. Ci ha fatto un bello scaracchio sopra, porca zozza.
La verità assoluta è la materia degli ignoranti, e tra adulti, oltre che tra educatori, si dovrebbe ben sapere ma, a parte ciò, mi chiedo da dove nasca il recondito bisogno di un adulto di farsi accettare da bambini di dieci anni come leader.
Caro professore,
forse fraintendo i Suoi intenti, ma credo di comprendere invece la Sua critica ironia e il Suo atteggiamento cinico e trasgressivo, tendente alla sdrammatizzazione. Ha fatto il simpatico, bella anima punk.
Mi permetta però, proprio perché mi impegno a comprenderLa, di farLe presente che, quando tratta da adulti dei bambini di dieci anni, probabilmente per avvicinarli al Suo modo di pensare, Lei rivela immaturità.
Perché quelli, a dieci anni, sono ancora bambini, non si scappa, e la ricetta per aiutarli a sviluppare un proprio senso critico, compito di qualsiasi educatore, non è quella di negargli ciò che hanno finora accettato come reale o ciò in cui credono, ma quella di proporgli il nuovo che si va a sommare a ciò che già conoscono.
Fargli scoprire altro, senza costringerli a perdere l'equilibrio.
Che a darsi le strattonate lo fanno già tra coetanei.
E certi argomenti, ad una certa età, sarebbero esclusiva dei genitori, che non vanno dipinti come adulti che mentono ai figli e li ingannano.
Scuola e famiglia non dovrebbero mai sfidarsi, bensì collaborare.
Se Lei invece mi invita a ritenere legittimo e tranquillo che un docente si arroghi il diritto di turbare dei ragazzini di prima media con le proprie esclusive rivelazioni anti-establishment, allora mi sta invitando anche a considerare normali gli atteggiamenti di quei professori che fanno sesso con le liceali. O di quei criminali, perché no, che mostrano ai ragazzetti - magari comodi come insospettabili pusher - che il lavoro è una fregatura, i genitori lavoratori sono dei poveri sfigati sempre squattrinati e i veri soldi si fanno solo col crimine.
Anch'essi sono portatori di verità più vere di quelle altrui e anch'essi vogliono aiutare delle persone in fase di formazione a crescere prima. Si, verso il cinismo compiaciuto.
Massì, certo che esagero, una cosa son le parole e un'altra i fatti, soprattutto quelli illegali, mi perdoni, ma questa è la mia paranoica e dubbiosa verità contro la Sua, assoluta.
Riguardo Roma e Lazio poi, Lei poteva oggettivamente dare prova di maggiore serietà, soprattutto dopo aver accusato i suoi studenti-bambini di vivere di favole.
Se almeno durante le lezioni scolastiche evitassimo di citare il calcio e la sua invadente influenza sul nostro vivere quotidiano faremmo tutti una figura migliore, proprio come Paese intendo.
Ma la violenza ormai si è compiuta.
Da una battuta di mia figlia ho capito che ha intuito, consciamente o no, le ragioni per cui il professore si è comportato così con loro. «Se lui dice che Babbo Natale non esiste allora per me è lui a non esistere», ha concluso indignata, mentre mi raccontava l'accaduto assieme a una sua compagna di classe.
Le ho detto: «se vuoi papà interviene, vado a parlare col professore o con la preside. Valuta e dimmi tu la gravità», perché io credo che è meglio farli crescere in questo modo i bambini, invitandoli ad assumersi delle responsabilità.
Ma lei mi ha risposto che preferisce non dare altra importanza a questa vicenda.
Certo, ora potrei tessere lodi alla sua saggezza, ma suppongo, piuttosto, che mi abbia risposto così perché non voglia rischiare né di farne un caso né di essere discriminata dal prof durante tutto l'anno, se non durante i tre.
Insomma, non gli ha fatto una buonissima impressione.
Io ritengo invece che il professore sarà leale abbastanza da riscattarsi, riconoscendo da sé l'errore commesso. E sono certo che lo farà in aula coi bambini stessi.
Da uomo a uomo.
"A prescindere dalla materia specifica che insegna, un docente trasmette inconsapevolmente e involontariamente anche un mondo di valori dalle sue osservazioni buttate lì, da come va vestito, se si spazzola la forfora che ha opacizzato ormai anche le borchie d'ottone del giubbotto in pelle, se va a fare lezione sbarbato o no, se ha il fiato che puzza, se i peli del naso potrebbero o non ancora annodarsi con quelli delle orecchie, se arriva in ritardo o se è puntuale almeno quella volta che è sobrio, se è aperto agli altri per manifesta simpatia o per interessata ipocrisia, se vede un po' di mondo solo grazie alle gite scolastiche per lui gratis o a un po' di spirito di avventura e di acculturazione anche di tasca propria..."
E questa era un'interessante analisi dello scrittore Aldo Busi.
Buon anno scolastico.
(seguono alcune foto scattate durante i lavori al murale che ho realizzato alla scuola materna "Pinocchio" di Perugia lo scorso anno)
Murales realizzati alla scuola materna "Pinocchio" di Perugia, 2012
bella riflessione. bella davvero.
RispondiEliminaMeno male che non sono l'unica ad interrogarmi su certe esternazioni... bravo
RispondiEliminabel post veramente...
RispondiEliminaciao