10 dicembre 2012

Un magico mistico carnivoro. Una chiacchierata con Mark Ryden.


Potreste pensare che queste immagini siano opera di un maestro del Rinascimento fiammingo, un van Eyck, un Campin, un van der Weyden o giù di lì. 
Ma osservando attentamente queste ragazzine dal corpo minuto e la testa grande dovrete ammettere che sembrano più personaggi da disegno animato che madonne del 1400.
Siamo di fronte al lavoro di uno dei maggiori responsabili del ritorno al figurativo nella pittura contemporanea, Mark Ryden da Los Angeles.


Fountain, 2003

Dipinge da quando era bambino, tanto che non ricorda quale fu il primo quadro venduto. Ricorda bene però che fu la mostra The Meat Show alla Mendenhall Gallery di Los Angeles del 1998 a consacrarlo come uno dei massimi rappresentanti del nuovo stile allora nascente in USA, il Pop Surrealismo.
Ha tra i suoi estimatori e collezionisti Robert De Niro, Leonardo DiCaprio, Danny Elfman, Marilyn Manson e molte altre star dello show business, eppure lui è molto riservato, le poche volte che appare lo fa spesso con lunga barba e abiti fine ‘800 e sempre in compagnia della moglie Marion Peck, anch’essa quotata artista. 
Non parla poi volentieri della presenza di elementi magici e simboli alchemici nei suoi quadri e questo incuriosisce da morire i suoi innumerevoli fan.
Però, per rivelare qualche aspetto del mistero-Ryden gli chiedo di spiegarci cosa c’è dietro la sua ispirazione pur sapendo che detesta spiegare i suoi dipinti, come ogni artista dovrebbe d’altronde.
«Con la mia arte cerco di accedere all’essenza del mondo dei sogni, anche se i miei quadri non sono mai il risultato di un sogno specifico. Quel regno misterioso che si trova tra conscio e inconscio è per me dove le anime si collegano a un’estrema creatività e fantasia, il luogo dove ci si connette con altri mondi».


The Ringmaster, 2001

Ma non può cavarsela così. 
Mark è tra gli iniziatori del Pop Surrealismo quello che ha di più influenzato i giovani pittori di tutto il mondo con la sua tecnica e il suo stile, più di quel Robert Williams considerato il padre indiscusso del movimento, o del più “pupazzoso” Gary Baseman, dell’inquietante Todd Schorr, del vintage-oriented Glenn Barr, del più sintetico Shag e di tutti gli altri. 
Ma lui rifiuta questa responsabilità e ricorda che «quando è esplosa la Lowbrow Art mi sono reso subito conto che c’era un Zeitgeist in corso, uno spirito del tempo molto più grande di me che stava cambiando l’estetica collettiva. Quindi, più che rivendicare qualche tipo di proprietà su qualcosa per finire frustrato a cercare le imitazioni del mio lavoro, io preferisco ignorare l’ego e guardare l’inconscio collettivo al lavoro».
- Daresti però qualche consiglio ai tanti giovani artisti che ti vedono come un esempio? -
«Il miglior consiglio è di incantare se stessi e gli altri rimarranno incantati», suggerisce. E aggiunge «poi di lavorare tanto, più lavori più avrai fortuna».
- E cosa pensi del termine Pop Surrealismo, questa etichetta in cui alcuni artisti si riconoscono in pieno mentre altri la sfuggono come la peste? - «È un movimento artistico con cui sento affinità. È nato in California dove le persone sono più aperte alle cose nuove. Vi è poi una grande varietà di stili all’interno del Pop Surrealismo, ma quello che condividono gli artisti è soprattutto una stanchezza verso il vecchio e stantìo modo di pensare l'arte, il desiderio di ritornare alla figurazione e un’insoddisfazione verso lo sterile elitarismo intellettuale che il modernismo ha creato. Il mondo dell'arte era diventato così pretenzioso durante l'ultima metà del secolo scorso che il pubblico si era disinteressato ad esso. Alla maggior parte delle persone non gli importava più cosa stesse accadendo nell’arte perché non la capiva più. Non avevano più alcun legame con essa. Ora le cose stanno cambiando radicalmente e lo si può vedere con i giovani che vanno alle mostre nei week end». Poi, tornando sul termine “Pop Surrealismo”, aggiunge che «non deve essere più analizzato come nome in sé. È semplicemente un’etichetta. Quando vedi un’opera riconosci se è Pop Surrealismo o no».


The Apology, 2006

- A proposito, tu ci vai alle mostre nei week end? – gli domando.
«Si ma preferisco andare nei musei che visitare mostre di artisti viventi. Trascorro un bel po’ di tempo nel mio studio e non esco molto spesso. Quando prendo una pausa mi piace andare a vedere nei musei i capolavori del passato, mi ispirano di più. Sono semplicemente attratto dai dipinti antichi, mi danno sensazioni e idee che quelli contemporanei non mi danno. Tuttavia mi piace frequentare fiere d’arte come Miami Basel e Frieze a Londra, sono ottime opportunità per vedere tanta arte contemporanea tutta assieme».
- Mark Ryden dunque compra opere d’arte? - incalzo.
«Possiedo alcune opere, ho un pezzo grande di Camille Rose Garcia, un acquerello di Darren Waterston, una fotografia di David Lynch e poco altro di contemporaneo perché preferisco spendere i miei soldi in stampe, incisioni o altri pezzi d’antiquariato. Vivo in una Wunderkammer, il mio studio è una ricca collezione di tutto ciò che mi ispira, mi incanta e mi affascina».
- Tra gli artisti marchiati con l’etichetta Pop Surrealismo tu sei il più quotato, a quanto è stata venduta la tua opera più costosa? -
«Provo a non pensare all’aspetto economico quando dipingo, potrebbe spazzare via la mia creatività in un istante. Comunque mi ritengo molto fortunato a vivere della mia arte».

È diplomatico Mark, dovrò fare io il lavoro sporco e per dare un’idea delle sue quotazioni dirvi che l’opera Incarnation è stata venduta ad Art Basel del 2009 a novecentomila dollari. Ed è forse stata anche ispirazione per l’abito di carne cruda di Franc Fernandez che Lady Gaga indossò agli MTV Award del 2010, ora esposto nel museo di Cleveland. 


Incarnation, 2009

Ma Mark nicchia, non lo riguarda neanche questa di paternità, visto che molti artisti come Jana Sterbak, Zhang Huan e altri lavorano con la carne cruda e possono aver ispirato lo staff di Gaga.
- Ma tu che la dipingi sempre, mangi carne? - gli chiedo.
«Noi siamo spiriti e la carne è ciò che ci tiene qui, in questo mondo fisico», risponde illustrando la sua filosofia. «Consumiamo carne come cibo, ma prima di mangiare molti pregano e ringraziano Dio invece dell'animale che ha dato la sua vita per quel pasto. È divertente, sembra ci sia un completo scollamento tra quella carne e la creatura che vive e respira da cui proviene. Suppongo che sia questa contraddizione che mi spinge a rappresentare più volte la carne nella mia arte. La mangio e sorprende molte persone sapere che non sono un vegetariano. Non credo sia moralmente sbagliato e personalmente ciò che faccio è cercare di sapere da dove proviene quello che mangio, scelgo la provenienza biologica nella speranza che l’animale che mi sto mangiando abbia avuto una vita felice. Non sto cercando di predicare una posizione morale nella mia arte, però trovo che la giustapposizione di immagini apparentemente contraddittorie sia in grado di creare un distacco e un conseguente innalzamento della consapevolezza»


Meat Dancer, 2011

Con questo discorso ci avviciniamo a due elementi predominanti nelle opere di Mark, la natura e l’apparente contraddizione tra il mondo infantile che ritrae e le inquietudini di cui lo riempie.
«I bambini hanno legami molto forti ed autentici col mondo dell'anima. Il dolore, la paura e l'ansia sono parti naturali e necessari dell'anima. Tentare di negare il lato più oscuro dell'anima è un'illusione, troverà sempre un modo di uscire. Io penso che l’errore che la società sta facendo in questo momento è nascondere il lato più difficile della vita ai bambini».
Altro elemento chiave è la natura, che non è mai solo di sfondo. 
Tra i vegetali antropomorfi e i numerosi animali che dipinge nel 2007 ha ritratto il Generale Sherman, una delle più alte sequoie del mondo, per la mostra The Tree Show in cui ha anche dipinto un tagliaboschi-Satana. 


General Sherman, 2007

Mi dice in proposito: «c’è una citazione di William Blake che descrive esattamente come mi sento. “L’albero che in alcuni muove lacrime di gioia è per altri soltanto una cosa verde che s’incontra per la strada. (…) Agli occhi dell’uomo di immaginazione, la natura è l’immaginazione stessa”. Ecco, i popoli antichi sentivano una connessione intima e spirituale con la natura mentre nell’epoca moderna il monoteismo ha cancellato quella connessione. Il monoteismo mette l’uomo al di sopra della natura e la divinità al di sopra dell'uomo, ma con la perdita di un rapporto spirituale con la natura l'uomo è libero di abusare dell'ambiente che lo circonda. Il monoteismo è la causa di tanti dei nostri problemi attuali. Ma se vogliamo prosperare su questo pianeta ci dovremo riconciliare con la natura».
- Quali sono i testi da cui ti senti più ispirato? -
«Uno dei miei libri preferiti è “Il codice dell’anima” di James Hillman. Ho letto di recente “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” di Robert Persig e mi è piaciuto molto e in questo momento sto leggendo “Cosmos e Psiche” di Richard Tarnas che è un libro meraviglioso».


Creatrix Drawing, 2004

Inevitabile finire a parlare di alchimia e gli domando – nei tuoi schizzi si ritrovano spesso studi di simboli alchemici, molti di più di quelli che poi finiscono nelle opere finali. Che relazione senti di avere con la dimensione magica dell’uomo? -
«Gli alchimisti cercavano la mistica nel mondo fisico attorno a loro. Guardavano  alla mitologia e alla spiritualità per comprendere il mondo. Con una combinazione di interessi per la scienza e per la filosofia hanno trascorso la maggior parte del loro tempo da soli mescolando i loro intrugli a studiare la natura e a cercare la magia. Essendo un artista anch’io trascorro il mio tempo in maniera simile e con obiettivi simili. Sto tentando di capire il mondo intorno a me e trascorro la maggior parte del mio tempo da solo nel mio studio cercando di fare onestamente qualcosa di magico con il colore. La creazione di un dipinto e l'invenzione del mondo che lo abita può essere qualcosa di molto magico».


Allegory of the Four Elements, 2006

Prima di congedarci un’ultima domanda me la ispira la sua visione del mondo e chiedo se è davvero questa l’epoca in cui avrebbe voluto vivere. «Stavo proprio pensando di recente di quanto sia felice di essere nato nell’anno in cui sono nato, il 1963, e di aver fatto arte in questo particolare momento. Se fossi nato un po’ prima, sarei stato soffocato dal mondo di un arte contemporanea immersa nella nozione di "modernismo" e un realismo come il mio non sarebbe stato accettabile. Se invece fossi nato dopo sento che mi sarei perso in un mare di arte. C'era qualcosa di prezioso nell'isolamento un po’ ingenuo in cui ero quando ho iniziato. I giovani artisti oggi sono esposti a un’esplosione di arte attraverso Internet e credo ci sia un lato negativo in questo. Deve essere opprimente cercare di trovare il proprio posto e di far sentire la propria voce».

Awakening the Moon, 2010


2 commenti:

  1. Post magnifico, adoro Ryden e il Pop Surrealismo. E che bel blog, ti seguo!!! Laura

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  2. È tutto magnifico e sbalorditivo ma non capisco come sia possibile che con queste sue sacrosante e feroci "critiche formali" alla cultura USA sul cibo carneo, possa esserne indifferente in prima persona. Onestamente un Mistero.

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