28 giugno 2016

La Diavolessa di Matera

"L'inferno sono gli altri" (Jean Paul Sartre).
Chi è il Diavolo? 
Il diverso, il non voluto. Colui che semina il dubbio tra le nostre certezze e ci costringe ad ammettere che il male può essere in noi e per queste ragioni va eliminato, per permetterci di continuare a fingere ipocritamente di essere sempre nel giusto.
Nel film "Il Demonio" al quale mi sono in parte ispirato per il mio ultimo murale a Matera, il Diavolo è donna, e si manifesta nella bellezza colpevole di Dalhia Lavi. 
Nella pellicola di Brunello Rondi, girata a Matera nel 1963, l'attrice israeliana interpreta Purificata, una ragazza condannata già dal nome dalla famiglia e dall'intera società a vivere in un perenne Medioevo, circondata da superstizione, ignoranza, violenza, riti contadini pagani e feticci di santi ovunque. Lei è la femmina colpevole di non sottostare alla regola sociale maschilista di mettere in scena la condizione inferiore e funzionale della donna. Le altre allattano infanti, lavano, cuciono e piegano i vestiti di padri e mariti loro padroni, parlano di Dio, cerimonie, figli e corredi. I loro corpi sono nascosti, anzi offesi, dai vestiti neri e le loro chiome costrette nei fazzoletti tutti uguali. 
Purificata invece è bellissima, è carnale, libera, le piace fare l'amore, ma è innamorata di Antonio e non vede altri che lui. Ma Antonio - promesso a un'altra - le resiste e l'accusa di essere diversa, di essere una bestia. Lei - folle di amore e desiderio (ricorda per certi versi la Kerima de "La Lupa" di Alberto Lattuada, film girato anch'esso a Matera, nel 1952) - lo vuole tutto per sé fino a spingersi a fargli dei malefici macabri quanto ingenui. Gli fa bere il suo sangue, spinge una mandria di pecore verso la chiesa per rovinargli il matrimonio, gli tira un gatto morto sull'uscio di casa. 
Gli uomini - unici depositari di quei santi e di quei simboli che Purificata detesta - approfittano della sua condizione di esclusa e mentre in privato la desiderano e la stuprano, in pubblico la rifuggono, la picchiano, la esorcizzano, la segregano, facendo peggiorare la sua condizione, fino a spingerla verso la pazzia. 
Fino infine ad ucciderla, in nome di Cristo, dopo averla posseduta.

Questa era la Matera rurale e superstiziosa che raccontava Rondi, non diversa da quella di Rosi e del "Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi.
Ma la Matera di oggi è tutta un'altra storia, è una città meravigliosa depositaria di un patrimonio mondiale dell'UNESCO, i Sassi, è visitata da cittadini di tutto il mondo e tra tre anni sarà Capitale Europea della Cultura. La Matera contemporanea e senza pregiudizi in questi giorni mi ha fatto conoscere alcune delle sue donne straordinarie, simpatiche, forti e libere. Nuovi amici e nuove amiche che non smetto di ringraziare.
Per questo Purificata è tornata a Matera assieme a me, nelle vesti di una Diavolessa, una pin up birichina che oggi non deve temere più nulla. Ha un sorriso ironico, una folta chioma bruna e un corpo dalle proporzioni ispirate alle statue della Magna Grecia, che qui in Basilicata vantava sei città. Ed è uscita nuda da quegli Inferi in cui era stata rigettata, come quando si nasce appunto, nuda come tanti capolavori destinati agli spazi pubblici del passato, affreschi o statue che fossero.
Ora questo simbolo di libertà al femminile è di nuovo tra voi amici di Matera, e se qualche iconoclasta tenterà di additarla come bestia immonda e di farla scomparire dovrebbe sapersi difendere da sola la ragazza. Non dimenticate poi che la Street Art è arte di tutti i cittadini, per questo le reazioni che è in grado di provocare sono comunque utili al confronto democratico e alla crescita intellettuale. 
Staremo a vedere.
"Le streghe sono esistite finché non abbiamo smesso di bruciarle" (Voltaire).













AGGIORNAMENTI:


27 giugno 2016

Diavù on the rocks a Matera


Ho appena lasciato dietro di me la splendida città di Matera, dove ho realizzato questo murale qua in alto per lo Urban Street Art Matera Festival nel mercato Le Botteghe del quartiere Piccianello e dove ho la mostra in corso "Diavù on the rocks" fino al 30 luglio alla Momart Gallery, in piazza Madonna dell'Idris 5/7, tra i Sassi.

Il Festival è a cura di Monica Palumbo e la mostra è a cura di Damiano Laterza, il quale ha scritto il testo critico che segue e mi ha fatto l'intervista in chiusura.

Pubblico tutto qui, ringraziando Monica e Damiano della meravigliosa ospitalità e tutte le persone meravigliose conosciute e ritrovate a Matera.


DIAVÙ AIUTACI TU!
Testo critico di Damiano Laterza


Quando la direttrice artistica della Momart Gallery e dell’Urban Street Art Matera Festival, Monica Palumbo, mi ha chiesto un parere su quale profeta dell’arte pubblica portare nella Città dei Sassi onde impreziosirla coi fermenti visivi più attuali – e all’insegna di una fruizione davvero partecipata degli stessi – non ho avuto dubbi: Diavù!
«Se penso a Matera, mi viene in mente il passo di Carlo Levi quando dice che la città ha la forma di un imbuto rovesciato, simile a quello che a scuola immaginavamo essere l’inferno di Dante. Questa descrizione mi ha molto stimolato. Non ci sono mai stato e non vedo l’ora di venirci!» così dichiarava l’artista accettando immediatamente, e senza esitazione alcuna, l’invito a venire a creare a Matera, che gli era stato testé rivolto.

"Diavù on the Rocks" è il titolo della personale/work in progress che David Vecchiato detto Diavù terrà in galleria mentre sarà contemporaneamente coinvolto nella realizzazione di un murale altamente evocativo, nel degradato quartiere di Piccianello. Uno sdoppiamento, per questo artista‐macchina, pop nel DNA, social oltre ogni schermo, touch perché puoi toccarlo – e modificarlo – biz perché se puoi permettertelo, puoi comprarlo e appenderlo in casa. O puoi fare un investimento. Un sicuro investimento.


Ecco perché “On The Rocks”. Perchè è tra le rocce, dentro i Sassi – sulla trafficatissima Via Buozzi e a ridosso della Piazza mozzafiato di San Pietro al Caveoso, location della ipogea MOMART Gallery – che l’opera di Diavù si svelerà per mezzo di tavole iconiche riproducenti i suoi lavori outdoor più famosi. Oppure no, visto che c’è anche una tela inedita, un lavoro per strada non ancora eseguito o che non verrà mai realizzato. Uno studio. Un capriccio. Chicche di culto, nelle viscere dell’imbuto di cui sopra.

“On The Rocks”, poi, è un drink di sicuro rinfrescante. “Cool” si diceva fino a poco tempo fa. Cioè nuovo. Matera è come una verginella inesperta e assetata di tutto, in questo momento. La grande arte può solo aiutarla a risorgere ancora più splendente e a rinforzare l’autostima, in vista del debutto in società, previsto nel 2019, quando entrerà nella modernità come modello d’insediamento umano e culturale da imitare.


“On The Rocks”, inoltre, perché nello slang degli street artist newyorkesi significa “be in trouble” cioè “mettersi nei casini”. Ed è quello che sta facendo Diavù, venendo a Matera. La bellezza straordinaria di questa città è causa di turbamenti negli artisti. Per fortuna sappiamo che in questi esseri speciali lo scompiglio è generativo – la RESILIENZA è un cluster verriano che amo molto – quindi sarà un inferno e Matera avrà nutrito ancora la civiltà della sua essenza. La missione sarà dunque compiuta.
Non vi resta che venire a vedere da vicino la discesa agl’inferi dello street artist romano più famoso, colui che di sali e scendi per le scale ne sa qualcosa, visto il suo straordinario progetto anamorfico in corso nella Città Eterna. Scalinate anonime che diventano il pretesto per raffigurazioni incredibili di femmine fatali della storia del cinema che forse le percorsero, forse no. Il tutto a partire dall’utilizzo di una proiezione chiamata anamorfosi ‐ che crea l’abbaglio della terza dimensione. Oggi la chiamiamo “3D Art”, ma è la stessa che nel ‘700 (e pure prima) si usava per decorar soffitti e creare inganni architettonici. “Trompe l'œil”, dicono i francesi. Tra i re‐inventori di tali incanti ottici c’è Kurt Wenner, architetto americano ed ex illustratore della NASA. Dice di ispirarsi a un certo Andrea Pozzo (1642‐ 1709) architetto, decoratore e teorico dell’arte, cantore del tardo barocco illusionistico e membro laico della Compagnia di Gesù.



Con questa tecnica è possibile trasformare luoghi quotidiani in scene fantastiche: squali in eruzione da marciapiedi, voragini e bisettrici suburbane, strade e corsi d’acqua a cascata che attraversano quartieri anonimi. Diavù, però, è andato oltre. Nell’illusione da lui creata, infatti, la scala non è più reale ma regredisce quasi in 2D, si trasforma in schermo per la proiezione di un fotogramma che, quando sali o scendi i gradini, scompare decisamente per lasciar spazio a incomprensibili pennellate. Poi, quando ci si allontana e si conquista il giusto punto d’osservazione, l’immagine ricompare in tutto il suo splendore. Miracolo!


Infine, perché Diavù in galleria? La risposta è semplice: perché l’arte è di tutti e non è di nessuno, anzi, è bene che ogni tanto sia di “qualcuno”. Nel senso che il mercato fa bene all’arte. In questo caso le opere di Diavù sono in vendita. Il ricavato serve a permettere all’artista di realizzare sempre nuovi e più entusiasmanti progetti di arte pubblica, i quali sono sacrosanti ma molto difficili da far finanziare e spesso autofinanziati ‐ persino Christo, il più grande Land Artist vivente, si è pagato da solo la realizzazione della sua ultima straordinaria opera galleggiante, la passerella sul Lago d’Iseo, costata 15 milioni di dollari.


Ecco, adesso potrete permettervi un Diavù tutto per voi, da mettere in salotto, in bagno o dove preferite. Un’occasione più unica che rara da non lasciarsi sfuggire.

INTERVISTA A DIAVÙ CIRCA IL MURALE PER PICCIANELLO

Dell’Urban Street Art Matera Festival, superfluo ribadirlo, Diavù sarà la gueststar. Abbiamo raccolto qualche sua prima suggestione e qualche spunto utile a capire il lavorò che andrà a eseguire.
Ci racconti qual è il concept del murale?
 «Verrà ritratta una diavolessa con il volto di Dahlia Lavi».

Quindi è corretto definire questa tua venuta a Matera come “una discesa agli inferi”?
«Al di là dell'ironia su Diavù che va per la prima volta all'inferno, ci sono trascorsi illustri di demoni donne nell'arte classica e mi sono voluto ispirare a diverse opere rinascimentali, anche se dal 'tono' medievale».

Tipo il famoso “Diavolo di Mergellina"?
«Esatto. L'opera di Leonardo Grazia da Pistoia che si trova nella chiesa di Santa Maria del Parto di Napoli ed è del 1542, che ha generato tra l’altro l’espressione partenopea “sei bella come il diavolo di Mergellina” ‐ e il perché lo narra benissimo Benedetto Croce in “Miti e Leggende Napoletane” ‐ racconta delle pene di una donna che non tollera il rifiuto dell’uomo di cui è follemente innamorata. Se ci pensi bene è la trama del film di Brunello Rondi “Il Demonio”, ovvero una sorta di “Esorcista” ante‐litteram, girato proprio a Matera!»


Allora, par di capire, che ti farai guidare anche qui dal binomio cinema‐bellezza femminile già sperimentato con successo nelle tue ultime opere romane?
«Esatto. Matera, come capitale del cinema non ha rivali e può benissimo stare alla pari dell’Urbe. Infatti il volto della diavolessa che dipingerò sul muro è proprio quello di Dahlia Lavi, l'attrice protagonista del film "Il Demonio"!»

Altri demoni al femminile che hanno attirato la tua attenzione in questa ricerca?
«Di sicuro l’affresco della Madonna con le corna di Vincenzo Foppa, denominato “Miracolo della falsa Madonna”, del 1470. Si trova nella Cappella Portinari della chiesa di San Eustorgio a Milano, e racconta del diavolo tramutato in madre di Dio per ingannare San Pietro da Verona».

Mamma mia! Che brividi! Altri esempi?
«Mi ha colpito molto anche l’affresco che è nella chiesa di Treviso intitolata a Santa Caterina dei Servi di Maria e s’intitola “Sant'Eligio tentato dal diavolo” di anonimo veneziano (attribuito a Pisanello) della prima metà del 1400, perché anche in questo caso il diavolo è donna!»

L'opera di Diavù verrà realizzata con l'aiuto delle artiste locali: Simona Lomurno, Rossana Salvino e Giovanna Zampagni.

Intervista ANSA (giugno 2016)


La personalità, il carattere, la bellezza di una donna emblema della femminilità e simbolo del cinema e della cultura italiana sono impresse all'ingresso di un mercato rionale, nella quotidianità della vita di Roma. Sulla doppia scalinata del Nuovo Mercato Andrea Doria, l'artista David "Diavù" Vecchiato ha realizzato due ritratti di Anna Magnani in "Campo de' Fiori" di Mario Bonnard e in "Mamma Roma" di Pier Paolo Pasolini. 
 Si tratta di una nuova tappa del progetto Popstairs, ideato dallo street artist e da Roma&Roma per la riattivazione culturale dei contesti urbani attraverso interventi artistici sulle scalinate della Capitale.
    Una settimana circa di lavoro per due opere da ammirare "da un preciso punto di vista frontale e a una certa distanza", come dice l'artista, e in cui, al tempo stesso, si può entrare dentro la "tela" salendo o scendendo le scale e creando un nuovo scenario per chi ammira il dipinto dal basso.
    "Nannarella è una delle donne della cultura e dello spettacolo che desideravo omaggiare - ha detto Diavù all'ANSA - perché è tra le donne che, tramite l'esempio che hanno dato a tante altre ragazze della loro epoca, hanno contribuito a cambiare i costumi della società italiana".
    Le scalinate, oggetto architettonico spesso dimenticato e vandalizzato, diventano le tele prospettiche di opere dedicate ai cittadini che, nella routine quotidiana, hanno la possibilità di vivere l'arte e di ricordare personaggi che li hanno rappresentati. Il progetto ha infatti prediletto soggetti femminili "popolari", scelti per la loro stretta relazione con il territorio: le opere di Diavù si aggiungono ai dipinti realizzati l'estate scorsa che raffigurano Ingrid Bergman di "Europa '51" di Roberto Rossellini in via Fiamignano, nel quartiere di Primavalle, Michèle Mercier a Corso Francia, che ha intepretato "Il Giovedì" di Dino Risi proprio sulla stessa scalinata e Elena Sofia Ricci, nel film di Magni "In nome del popolo sovrano", sulla Scalea Ugo Bassi a Trastevere.
    "Come le divinità di un tempo davano senso e significato ai racconti illustrati in quei dipinti, oggi queste moderne 'divinità' fanno lo stesso nelle mie opere - ha detto Diavù - La Magnani con in braccio un gatto dipinta in strada per me è come un'antica madonna col bambino dipinta in una chiesa, ha la stessa forza poetica". "Ma al di là del simbolo - ha aggiunto - io ho anche ricordi personali della Magnani perché da bambino andavo in vacanza a San Felice Circeo, dove lei aveva una casa, e per anni ho sentito dai miei nonni e da mia madre gli aneddoti che la riguardavano".
    Per l'artista le opere vanno oltre la riqualificazione urbana e la fruizione libera dell'arte. Tornare a modelli del passato, mostrare un'icona dell'intraprendenza, del coraggio, dell'ambizione e della forza femminile ha un valore sociale che non è secondario: "Se gli uomini italiani di oggi non sono a proprio agio con donne libere e forti e mascherano spesso la loro inadeguatezza o paura con la violenza - ha spiegato lo street artist - è anche perché i modelli offerti dai media sono spesso donne-oggetto che devono piacere ai maschi, prive di qualsiasi consistenza".
(QUI sul sito dell'ANSA l'intervista originale)