24 ottobre 2016

Un papa di carta meglio di Banksy

Oggi vi parlo di un mio amico e dell'ultimo divertente intervento di Street Art firmato a suo nome.
Qualche giorno fa una nuova opera di Street Art di Maupal è apparsa in strada in centro a Roma, a Borgo Pio.
L'avrete visto anche voi, il protagonista del dipinto su carta che è stato attaccato sul muro di Borgo era di nuovo papa Francesco, come ai tempi del famoso Superpope", ma stavolta Bergoglio non vola, sale anzi su una sedia per giocare a tris (o "filetto") su un muro e il simbolo che disegna nelle caselle è quello della pace. 
Nel giro di poche ore il disegno è stato rimosso da una quanto mai efficientisssima squadra dei vigili antidegrado. E fino a qui è cronaca.

Dal giorno dopo foto, post, sorpresa, proteste, omaggi, critiche, fake, dileggi e cicaleccio vario attorno a quest'opera hanno riempito i social. 
O meglio, non è che si scrivesse molto a proposito dell'intervento di Street Art e del suo significato, ma di quello sorprendentemente tempestivo della squadra antidegrado, della sezione Pronto Intervento Centro Storico e dell'AMA, intervenuti non si è capito bene su ordine o richiesta di chi (il Comune? o la Polizia? Il Governo? Il Vaticano? Dio?) e con una rapidità mai vista prima, nemmeno nei casi di gravi condizioni igienico-sanitarie. 
Condizioni in cui le strade della città di Roma non sono nuove ormai.
"Rimuovete la merda in cui siamo immersi, altro che papi di carta!" sembrava gridare soprattutto il popolo romano, esprimendo dissenso in forma di emoticon.


Ma quel Bergoglio, apparso una notte nel cuore di Roma ai confini col Vaticano in un'area presidiata ogni 10 metri da polizia ed esercito, cosa avrà poi fatto di così roboante da svegliare addirittura i pubblici amministratori? 
...Beh, ha sputtanato il sistema di sicurezza italiano, ha mostrato all'intero mondo - sia ai nostri alleati che ai nostri potenziali nemici - un falla gravissima a pochi metri dalle Mura Leonine che circondano San Pietro. Un punto debole delle nostre strade, che poi tanto sicure non sono, che qualcuno probabilmente dovrà - o dovrebbe? - pagare.
Sarà per questo che si è mobilitata anche la Digos?
Ma certo.



Qualcuno in piena notte ha riempito il suo secchio alla fontana di Borgo Pio, ha passato indisturbato la colla sul muro all'angolo con vicolo del Campanile, ha srotolato il poster, lo ha incollato al muro e nessuno, ma proprio nessuno, si è accorto di nulla. 
Quell'anonimo figuro avrebbe potuto mettere una bomba sotto al culo del papa o di migliaia di pellegrini e sarebbe passato egualmente inosservato. E l'AMA il giorno dopo avrebbe dovuto sciacquare i sampietrini dal sangue straniero e l'Italia giustificare la sua inefficenza agli alleati.
E proprio durante l'Anno Santo, ahi ahi.
Questo è probabilmente ciò che ha pensato la parte di mondo pensante guardando quel papa giocare col simbolo della pace a un passo dall'Angelus.
Ma ciò che è più divertente in questa storia è che se ne è parlato tanto proprio perché hanno rimosso il disegno quei geni. 
Non per insegnare il mestiere a qualcuno, tantomeno agli efficenti servizi segreti italiani che tanti segreti hanno mantenuto tali dal dopoguerra a oggi, ma personalmente ritengo che il papa bomba-carta sarebbe passato più inosservato placidamente incollato su quel muro. Al massimo avrebbe fatto vendere qualche panino in più all'alimentari all'angolo e fare tanti innocenti selfie ai turisti.

Ieri sono passato a trovare Mauro e c'era il muro verniciato di giallo, ancora fresco, addirittura presidiato. Piazza San Pietro era come al solito chiusa, tra pattuglie in guardia e metal detector (è un po' di tempo che ormai i pedoni - romani e non - non possono più attraversarla liberamente come un tempo) e anche metà di via della Conciliazione era ostaggio del Vaticano, protetta dal perenne rischio-attentati.


E allora meno male che c'è il Bergoglio di carta a fare il segno della pace e a mettere in ridicolo questa eterna guerra.

P.S.: un aggiornamento datato 2 Nov 2016
La Sindaca Raggi e l'Assessore Bergamo qualche giorno dopo l'accaduto hanno ospitato Mauro Pallotta al Campidoglio, scusandosi con lui per il disegno rimosso, invitandolo a collaborare a progetti di arte urbana istituzionali e gettando in questo modo ancora più suspance su CHI abbia dato ordine di rimuovere il suo disegno. 
Mentre lo sport più praticato e seguito del web - il trollismo - si scatena acido su siti più o meno ufficiali contro l'artista (perché - in sintesi - servo del potere che tradirebbe quell'arte nata per essere illegale) e contro gli amministratori cittadini (perché sempre più in contraddizione tra il cercare di usare l'arte urbana per autopromozione elettorale e il dover mantenere ordine/sicurezza/onestà/blablablà in città, quindi anche muri puliti e popoli muti), non si può fare a meno di notare che, quando si fa opinionismo spicciolo su questi argomenti à la page, si arriva a cadere nell'insulto, addirittura nel body shaming, ma si omette sempre qualche concetto di base che un ragionamento non infantile dovrebbe tener presente.
Nel caso dell'Urban Art 4 concetti di base che vi propongo sono:
1) La città è un bene comune e dunque, per logica, tutti dovremmo puntare al bene della città ed esercitare il diritto di intervenire su di essa, soprattutto in un'epoca in cui gli amministratori attivi latitano. Dovremmo intervenire ognuno secondo la propria idea di bene comune, confrontandoci dunque il più possibile con gli altri cittadini (quelli reali dico, non i troll virtuali). Finché abbiamo la pazienza di starli a sentire i cittadini, visto che non è semplice. Per il resto si opera comunque una prevaricazione, ma quando si agisce concretamente in mezzo ai tanti ciarloni un po' di prevaricazione è inevitabile.
2) Quando gli amministratori si confrontano con gli artisti accettano in qualche modo quella forma di arte di cui questi ultimi sono esponenti, e sono costretti quindi a farci i conti. Gli artisti pertanto non devono dimenticare che in quel momento hanno il pennello dalla parte del manico e agire di conseguenza, senza riverenze e senza subordinare la propria visione (fatta di scelte, decisioni ed opinioni) a quella dell'amministratore di turno. Sempre che ne abbiano una di visione personale, che non tutti gli artisti ne hanno.
3) Quando si dice e si scrive "artista" si dovrebbe intendere il mestiere. Il fatto che tutti nasciamo artisti non dovrebbe confonderci le idee: c'è l'attitudine (leggasi "di tutti") e la professione (leggasi "di quei pochi che hanno tenuto duro"). Invece molti commentatori si confondono spesso, spingendosi di conseguenza in elucubrazioni ingenue e goffe.
4) ...e a proposito di mestiere, quel povero "Banksy" appollaiato spesso sulla bocca di ogni opinionista novello per screditare a colpi di paragoni una volta tizio e l'altra caio, è - nei fatti - un brand, una firma, un marchio insomma, di opere d'arte realizzate in prevalenza con la tecnica dello stencil.
Il suddetto marchio - con cui firma le proprie produzioni un artista o un collettivo (non è questo che davvero importa) - da molti anni utilizza tecniche di marketing rodate e dall'effetto commerciale certo. Ad esempio, utilizza il culto dell'eroe mascherato che di notte dismette i panni 'normali' per agire si contro la legge, ma in difesa di una legge più 'alta, ovvero di quella 'vera giustizia' da sbandierare al mondo attraverso i suoi 'messaggi' (quel mondo che quella 'vera giustizia' la conosce benissimo da sé, ma attende qualcuno - meno invischiato di lui nel Sistema - che si prenda carico di spiattellarla al suo posto). Altro esempio, utilizza quella cara vecchia "iconografia Punk degli anni 80 e metafore politiche accantonate dai movimenti libertari perché ormai inefficaci"(come scrive il mio amico artista e writer storico Marco Teatro). E ha scelto per fare ciò lo stile e la tecnica dell'artista francese Blek le rat ("ogni volta che dipingo qualche cosa, scopro che Blek le rat l'aveva già fatto 20 anni fa". Banksy).
E - malgrado in molti vedano un 'Salvatore' della vera giustizia in ogni anonimo mascherato che furbescamente rivela la verità guardandosi bene dal dirla su di sé - quel marchio apparentemente senza 'padrone' ha cambiato molto nel conto in banca di tanta gente, ha il merito/demerito di aver fatto venire voglia a tanti di emularlo (quindi all'ampia diffusione della Street Art), ma - nei fatti - non ha cambiato una virgola di quel Sistema di cui finge da anni e anni di farsi beffa e nel quale è perfettamente inserito nel ruolo dell'anonimo giullare. Si è divertito infatti e ci ha fatto divertire, ma non ha seriamente riscattato quelle ingiustizie che ha sbandierato e continua a sbandierare nelle sue immagini.
E il pubblico in fondo lo ringrazia di questo ed è più contento così, proprio perché - inefficace quanto lui - anche quell'eroe misterioso non ha cambiato niente, perché - nascosto dall'anonimato - non aveva alcuna intenzione di farsi vittima egli stesso di quelle ingiustizie, mostrando la propria faccia e il proprio corpo al nemico.
La sua popolarità - che da anonimo artista lo ha innalzato fino a mito -  è dovuta d'altronde proprio alla mancanza di 'eroi' concreti, di individui affidabili a cui appigliarsi per cambiare le cose. E, in fondo, anche alla paura di darlo davvero il mandato a questi 'eroi' di cambiare le cose (si sa mai peggiorino, in fondo non si sta poi così male...).
Mancano persone autentiche e credibili che agiscano attraverso l'arte concretamente nella città, nella sua identità, nella sua storia, nel mondo reale insomma, e non solo sui media. E che agiscano con l'intento - sempre più raro nell'ambiente artistico - di volerlo cambiare davvero quel mondo.
Quindi prima di sputare le vostre spietate sentenze sugli artisti e sul loro operato indossate la vostra t-shirt di Banksy appena stirata e riposta da mamma tra le Fred Perry e le Lacoste, così sembrerete degli osservatori più estremi, liberi e sagaci.